Sharing Economy significa letteralmente “economia condivisa o collaborativa”. Quando si parla di questa tematica si pensa subito al settore turistico o dei trasporti, ma come può aiutarci per vivere in modo più sostenibile e green? La Sharing Economy di qualsiasi settore, dal settore turistico a quello mobility, permette di ridurre denaro, tempo e spazi, e persino di avere la possibilità di fare nuove amicizie!
Si è sviluppata durante la crisi finanziaria-economica del 2007-2008 in America con la nascita del famosissimo l’Aribnb per poi diffondersi in Europa. Da quel momento in poi, ogni bene di proprietà è divenuto un potenziale oggetto da condividere con gli altri.
Circa questa tematica, voglio consigliarvi uno dei primissimi libri relativi all’economia condivisa intitolato “What’s Mine Is Yours: The Rise of Collaborative Consumption” di Rachel Botsman e Roo Rogers in cui viene spiegato come il consumo collaborativo trasformerà il nostro vivere e il modo di fare economia.
Principi della Sharing Economy
La Sharing Economy si basa sui seguenti principi:
Riutilizzo di beni di proprietà come asset di condivisione
Maggiore accesso ai servizi collettivi grazie alla riduzione dei loro costi
Fiducia verso persone che non si conoscono
Maggiore senso di comunità
Attenzione all’ambiente grazie al risparmio delle risorse usate
Alcuni esempi di Sharing Economy
La Sharing Economy è ormai presente in diversi settori economici e vedremo ora qualche esempio di società più famose o meno che hanno avuto successo grazie a questa “nuova” economia.
Settore turistico – Airbnb: le persone possono affittare parte dei loro spazi abitativi per brevi periodi.
Settore food delivery – Deliveroo: permette di consegnare cibo proveniente da vari ristoranti a chi lo richiede tramite i cosiddetti rider che si muovono generalmente in bici o in moto.
Settore del coworking – Aries Workspace: si occupa di noleggiare spazi di lavoro per coloro che devono lavorare in smart working. In questo periodo di pandemia sono aumentati posti di questa tipologia.
Settore mobility – Up2To: offre un servizio di car pooling tra dipendenti di una stessa azienda che in tal modo possono recarsi più facilmente nel luogo di lavoro; BlaBlaCar: mette a disposizione automobili e percorsi di drivers da poter prenotare attraverso l’app o il sito web; Mobike: di origini cinesi, ma ora in parte italiana, dà la possibilità di prendere in affitto bici.
Settore del crowdfunding – Crowdfundme: tramite le azioni ottenute dopo il finanziamento del progetto, l’investitore otterrà dei guadagni; BacktoWork: raccoglie fondi per startup e piccole-medie imprese. Per entrambe viene effettuato un ben preciso e severo processo di approvazione dei progetti.
Settore del crowdsourcing – Guru.com: una piattaforma in lingua inglese in cui si incontrano domanda e offerta di lavoro, ossia aziende e liberi professionisti.
Queste presentate sono solo alcune delle imprese che operano nella Sharing Economy e la loro fruizione sta crescendo sempre di più a parte qualche eccezione causata dalla pandemia degli ultimi anni.
Vantaggi e svantaggi della Sharing Economy
La Sharing Economy, da come la si descrive, ha molti pro ma anche qualche aspetto da migliorare.
I vantaggi sono:
Minor costi/Risparmi per il cliente
Maggiori guadagni per chi offre il servizio
Maggiore flessibilità nell’usufruire di un servizio
Sviluppo della “cultura dell’essenziale”
Maggiori relazioni con la comunità “umana”
Aumento della tutela ambientale
Contributo alla creazione di smart city
Nonostante i vantaggi, qualche critica è stata fatta all’economia collaborativa; tra le principali la mancata chiarezza dell’inquadramento legislativo. Per quanto riguarda invece la poca protezione dei lavoratori in termini di contributi e sicurezza, occorre fare attenzione a NON confondere, come spesso succede, la “Sharing economy” con la “GIG economy”. E’ all’interno di questa seconda categoria infatti che rientrano i casi di Uber, che ebbe problemi con la concorrenza ai tassisti, e di Deliveroo e le altre compagnie di food delivery, circa le condizioni lavorative rischiose dei loro dipendenti. Quest’ultimo punto in via di risoluzione. Inoltre, e proprio perché non stiamo più parlando di Sharing Economy, ci sono stati dei problemi riguardanti il pagamento di tasse sui ricavi generati. Come in tutte le cose ci sono pro e contro, ma essendo un settore abbastanza giovane, sicuramente col tempo si riusciranno a risolvere tutti gli aspetti negativi o quanto meno a limitarli.
Sharing Economy: la soluzione SiWeGO
Del settore smart mobility, come già anticipato, le aziende più conosciute sono certamente Uber e Blaclacar, le quali, anche se spesso vengono accomunate, presentano importanti differenze. Uber offre infatti un servizio di car sharing, ossia auto di terze parti da noleggiare, mentre Blablacar offre un servizio di car pooling ossia un utilizzo condiviso di mezzi privati e dunque l’affitto di un posto nel veicolo e non di un mezzo. In questo contesto è d’obbligo citare la nostra SiWeGO, come un ulteriore esempio di Sharing Mobility, circa la consegna di merci di varie dimensioni in base alle possibilità degli utenti iscritti.
Questo permette di sfruttare al massimo lo spazio di utilitarie o di grandi mezzi di trasporto, ma anche di ottimizzare ogni piccolo tragitto che viene fatto a piedi, in bicicletta, in monopattino, in treno o in barca! E’ l’utente a decidere, sempre. In Italia, nel 2020 più di 5 milioni di persone hanno fatto uso di servizi di economia condivisa come riportato dal sito dell’Osservatorio di Sharing Mobility, e in questi anni i numeri sono in continuo aumento. Basti pensare che le previsioni di crescita per la Sharing Economy, prevedono un passaggio del giro d’affari che parte dai 3,5 miliardi di euro del 2016, per arrivare ai 25 miliardi nel 2026.
Possiamo supporre quindi che l’economia collaborativa sarà sempre più in ascesa, e che molte delle imprese citate, come la nostra SiWeGO, vedranno una ancor più grande diffusione.
Se ti interessa l’attività di SiWeGO ti invito a scaricare ed usare l’App per il benessere tuo e della Terra 😉
Fantastico